Il mio sogno è quello di costruire una scuola che si alimenti da sola. Il luogo prescelto è Gaza. Quasi non servono spiegazioni sul perché sia tanto importante dare a questo territorio una risorsa autosostenibile in grado di dare un futuro all’intera comunità. Sono passati 5 mesi dall’ultima volta che vi avevo parlato di questo progetto – Building Green Futures – e, lo ammetto, nel frattempo di cose ne sono successe davvero tante.
A fine settembre, l’ufficio
ufficio israeliano del COGAT ha dato la sua approvazione alla
realizzazione del progetto nella striscia di Gaza. Senza il via libera di questo ufficio il progetto
che avevamo nel cassetto non avrebbe mai visto la luce: penso sia valsa
davvero la pena attendere la lunga trafila burocratica che ci ha
portati fin qui, a un passo dalla costruzione di ciò che è sempre stato
nella nostra testa.
Certo, prima di posare il primo mattone della scuola a basso impatto ci vorrà ancora qualche mese.
Ma questa volta il percorso di approvazione passerà interamente
attraverso le maglie dell’agenzia ONU per i rifugiati della Palestina
(UNRWA). Il suo compito sarà quello di gestire le proposte dei donatori e
garantire la disponibilità economica. L’obiettivo finale prevede almeno
2 mesi per bandire la gara – a cui parteciperanno imprese locali di
Gaza – e aprire il cantiere dopo dicembre 2012.
"Insomma, dopo aver ottenuto il nulla osta dall’autorità israeliana il nostro unico pensiero è questo: costruire la scuola che abbiamo immaginato finora."
Una scuola con pannelli solari montati
sul tetto in grado di dare energia non solo alle sue classi, ma anche
all’intero quartiere. Una scuola dove l’acqua di scarico venga depurata dalle piante che crescono nei giardini dove giocano gli studenti.
Ma
il dettaglio fondamentale in tutto questo progetto riguarda sempre il
fatto che questa scuola non verrà trapiantata a Gaza come se fosse un
disco volante venuto da un altro pianeta. Mettere in piedi una
struttura fatta di futuro e lasciare che nessuno sia in grado di capire
come funziona resta – ovunque si viva – una assurdità totale. Ecco
perché il progetto della scuola prevede anche un programma di follow-up e formazione per i tecnici del posto.
Questo è un progetto di crescita.
Andremo a Gaza per seguire i lavori e aiutare le ditte del posto a
portarli a termine. Non vedo altro modo all’infuori di questo per
generare un impatto concreto sull’economia locale. Senza contare i nuovi
posti di lavoro che nasceranno grazie al nuovo tessuto sociale che si
troverà a crescere intorno alla scuola. Vi dirò di più, abbiamo anche
stabilito dove verrà edificata: il posto si chiama Khan Younis, e si
trova vicino al confine con l’Egitto.
La stessa zona che ospita un campo profughi e che è stata oggetto di un piano di ricostruzione lanciato nel 2008,
grazie a cui sono state già inaugurate alcune nuove residenze lo scorso
febbraio. A fianco della scuola sorge un centro di formazione tecnica
dell’ONU: l’idea è quella di trasformare l’area in un vero e proprio
distretto formativo. È un sogno che sta diventando realtà: dopo che
avremo posato la prima pietra, ci vorranno circa 8 mesi di lavoro
incessante. Vi tengo informati, è una promessa.
Bologna, 9 ottobre 2012
MARIO CUCINELLA
MARIO CUCINELLA
tratto da
Nessun commento:
Posta un commento